Quando muore un eroe: Garibaldi

Le persone, spesso, come ultimo desiderio prima di lasciare questa terra, esprimono quello di essere cremati e non essere, cioè, seppelliti con il metodo “tradizionale”. L’idea di ritornare alla terra come cenere, magari in un luogo che in vita ci è stato molto caro, ha interessato anche molti personaggi famosi che, chi più chi meno, si sono avvalsi per i servizi di cremazione a Roma (o nella loro città di appartenenza) alle imprese funebri leader in questo settore come, ad esempio, Cattolica San Lorenzo.

Quali personaggi famosi hanno accolto questa filosofia?

Parlando del nostro Paese, nel passato, hanno preso questa scelta vari personaggi di un certo calibro come, per esempio: Luchino Visconti, Luigi Pirandello, e Antonio Gramsci. Se ci si sposta all’estero si può notare come, anche qui, la cremazione abbia attirato personaggi noti quali: John F.Kennedy, Maria Callas e Sigmund Freud. Va precisato, però, che ci fu un altro personaggio italiano, che in vita aveva espresso il desiderio di essere cremato ma che, purtroppo, non ottenne ciò che voleva. Chi è? Giuseppe Garibaldi.

Un po’ di storia

Se si ripercorre la storia di questo personaggio, che ancora oggi è considerato uno dei padri della patria italiana, possiamo notare come il corso della sua esistenza fu costellato da tantissimi successi ma anche di altrettanti insuccessi. Il nostro eroe, durante la sua vita, lasciò disposizioni per la futura cremazione alla sua morte, però, visse in un periodo storico in cui questa pratica era ritenuta come un rito quasi sacrilego.

L’eroe è nato a Nizza nell’anno 1807. La città, a quei tempi, era ancora appartenente al territorio italiano. Fin da quando era giovane, egli si dedicò ad alcuni progetti caratterizzati, come sappiamo, da ideali politici ricchi di patriottismo e democrazia, perciò scelse di affiliarsi alla Giovane Italia e incontrò Giuseppe Mazzini con il quale decise di passare all’azione attraverso l’organizzazione di una insurrezionale a Genova. Purtroppo, però, fallì in questa impresa procurandosi addirittura una condanna a morte. Per sfuggire fu costretto a ritirarsi all’estero, precisamente in Sudamerica e, anche qui, partecipò come protagonista a numerosi moti insurrezionali con un gruppo di combattenti, anche noto come Legione Italiana. La loro caratteristica era la camicia rossa che indossavano.

Poi, nel 1848 decise di ritornare in Italia mettendosi, un anno dopo, alla testa di un gruppo di persone che lottavano per difendere la Repubblica Romana. L’eroe però fu di nuovo costretto alla fuga all’estero lasciandosi alle calcagna numerosi eserciti e addirittura la polizia austriaca. Ancora una volta però, nel 1854, la sua volontà fu quella di rientrare in Italia e di passare all’azione quasi subito. Ecco, quindi, che formò un manipolo di uomini con lo scopo di fare insorgere il Meridione e cercare di farlo riunire con il Piemonte con l’obiettivo di formare il Regno d’Italia con a capo re Vittorio Emanuele.

A questo punto mancava solamente la conquista di Roma che, a quell’epoca, faceva ancora parte dello Stato Pontificio. Purtroppo, però, non riuscì mai a raggiungere il successo in questa impresa.

Garibaldi morì presso l’isola sarda di Caprera nell’anno 1882. Nel suo testamento si leggeva la disposizione di essere cremato assieme alla sua camicia rossa e farsi seppellire vicino alle figlie che aveva perso in precedenza. Non si è mai saputo per quale motivo la sua volontà fu disattesa; infatti, il corpo fu imbalsamato e posto nel celebre sepolcro di granito, che sta affacciato sul mare.

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