Ci sono espressioni, che usiamo nel linguaggio comune, di cui non sempre sappiamo il vero significato o quando è meglio usarle. Qui, in questa pagina, si trova il significato e l’uso per la dicitura “in calce”.
Il suo significato
La locuzione “in calce” è di origine latina, tradotta da “calx calcis“, ovvero “calcagno” o “tallone”, che stanno, in questo caso, per “in fondo“. Quando si dice, quindi, “firmare in calce” vuol dire firmare in fondo al foglio, o a piè di pagina. C’è anche un’alternativa interpretazione, che viene da una parola greca, “calix”, che segnava il traguardo nella corse delle bighe, il che indica sempre qualcosa alla fine o al termine.
Qualche che sia l’origine, oggigiorno questa espressione si usa, perlopiù, in ambito burocratico, per indicare la posizione, in fondo alla pagina di un documento, in cui si deve apporre una firma.
Inoltre, con la parola “calce” si indicava anche l’estremità della lancia sotto l’impugnatura, ed oggi, oltre ad indicare il noto materiale usato in edilizia, può fare riferimento al calcio del fucile.
Alcuni esempi
Un esempio di come viene usata questa espressione, si può ritrovare già in una frase di Cicerone, nel suo De Senctute, e per la precisione nella frase “ad carceres a calce revocari“, che si traduce come “tornare dalla fine al principio“, ed è un modo per dire di ricominciare da capo.
Un altro personaggio noto ad aver usato questa espressione è stato Bettino Craxi, nel suo libro Socialismo e realtà, in questo pezzo qui riportato: “Tra i temi posti vorrei sottolinearne alcuni e cioè quello della difesa intransigente dei diritti di libertà, della cultura e dell’arte; la proposta di una riforma divorzista, lo sviluppo della scuola di Stato, la legalizzazione dell’aborto, la revisione o meglio ancora la consensuale abolizione del concordato tra lo Stato e la Chiesa che come tutti sanno porta in calce le firme del cardinale Gasparri e del cavalier Benito Mussolini, e porta, nel voto che gli ridiede vigore giuridico nella nuova Costituzione Repubblicana (…)”.
Nel 1949, anche Paolo Mieli, giornalista e saggista, uso così questa espressione: “Molti anni fa la mia firma capitò (me colpevole) in calce a uno di questi manifesti; nelle intenzioni dei promotori – e mia – quell’appello avrebbe dovuto essere a favore della libertà di stampa; ma, per una riprovevole ambiguità della formulazione, pareva che quel testo difendesse la lotta armata e incitasse al linciaggio di Luigi Calabresi”.
Come si può capire, questa frase oggi viene usata esclusivamente nel caso di documenti firmati. Gli unici altri casi in sui si trova l’espressione “in calce”, e quando si fa riferimento al materiale usato in campo edilizio.