Romolo e Remo, è universalmente noto, sono i fondatori di Roma, è non si può non conoscerli, visto che la statua dei due gemelli, allattati da una lupa, è uno dei simboli della città, nonché uno dei souvenir più venduti. Ma chi erano i genitori dei due mitici fondatori della Città Eterna?
Il padre di Romolo e Remo
Secondo la leggenda, il padre di Romolo e Remo era il dio Marte, l’equivalente latino dell’Ares della mitologia greca, signore della guerra e degli spargimenti di sangue. Tuttavia, nella religione romana più antica, questo dio era di gran lunga meno sanguinario del suo omologo greco, ed era anche il dio della fertilità e del tuono.
Insieme a Giove (Zeus per i greci) e a Quirino, faceva parte della cosiddetta “Triade Capitolina arcaica”, e il famoso studioso Georges Dumézil lo descrisse come un difensore armato dei campi, e proteggeva questi ultimi sia dagli umani che da eventi soprannaturali.
Nella mitologia greca, Ares è il figlio di Zeus ed Era (Giunone per i romani), ma nella versione latina sembra che la dea Giunone, invidiosa del fatto che il marito avesse concepito la figlia Minerva (Atena) dalla sua testa, chiese aiuto alla dea della primavera, Flora, e questa gli indicò un fiore che gli permise di concepire un figlio al solo tatto. In seguito, la dea fece allevare il figlio da Priapo, che lo crebbe come un guerriero.
La madre dei gemelli
Rea Silvia, era la figlia di Numitore, re di Alba Longa, città fondata dal celebre eroe troiano Enea, e secondo la leggenda la sua non è stata certo una storia fortunata: suo padre e suo fratello vennero uccisi da suo zio Amulio, fratello di Numitore, e per fare in modo che la giovane principessa non desse alla luce un figlio, che in seguito avrebbe vendicato il nonno, le impose di diventare una sacerdotessa della dea Vesta, in modo che rimanesse vergine.
La giovane tuttavia, venne amata dal dio Marte, e gli diede due gemelli: Romolo e Remo. Tuttavia, la gioia del lieto evento durò ben poco: per aver infranto i voti di vestale, venne imprigionata ed uccisa, e i bambini furono gettati nelle acque del Tevere. I due figli, tuttavia, sopravvissero, visto che la loro culla si arenò su una delle sponde del fiume, e vennero salvati da una lupa, che li allattò, e un picchio, che l’aiutava a nutrirli (entrambi gli animali erano sacri al dio Marte), finché non furono trovati ed adottati da un pastore e da sua moglie.
Anni più tardi, i due gemelli crebbero e vendicarono la loro famiglia materna, per poi andarsene e fondare una città nuova.
La storia di Rea Silvia e Marte
Non si hanno molti dettagli dell’incontro tra il dio Marte e Rea Silvia. Sicuramente, diversi scrittori l’avranno immaginata, soprattutto nei libri di mitologia per i ragazzi, ma non è insolito trovare una storia del genere, nei miti greci e latini.
Basta pensare alla storia di Danae e di suo figlio Perseo, oppure Leda madre di due gemelli, tutti figli di Zeus. Anche Ares, nella mitologia greca, non ha fatto meno conquiste, come la figlia del re Pelia, ebbe il brigante Cicno, oppure Trace, da una donna sconosciuto, capostipite dell’omonimo popolo.
Ai primordi delle città dell’antichità, molti popoli si attribuirono una discendenza divina, e in questo caso i primi romani, popolo dedito principalmente alla pastorizia e all’agricoltura, scelsero come progenitori la coppia di Venere e Marte, in pratica. Anche la dea dell’amore e della bellezza, infatti, sarebbe un’antenata di Roma, visto che Rea Silvia era una discendente di Enea, figlio che Venere ebbe dal principe troiano Anchise.